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Beginners. Siamo tutti principianti, no?


" Io e Anna viviamo una relazione del 2003.
Questo è il sole, e queste le stelle.
Questi siamo noi quando mangiamo, quando ci raccontiamo le storie nella nostra testa.
Io sono nato nel 1965. Anna è nata nel 1971.
Questo era il sole. Il suo gatto. I suoi genitori.
E' andata via di casa a 16 anni.
Ha vissuto qui, e qui, e qui, e qui.
Ha avuto tre relazioni serie. Li ha sempre lasciati lei.
Io ho avuto quattro relazioni serie. Anch'io le ho lasciate tutte.
Ho lasciato finire le storie.

Non abbiamo vissuto questa guerra.
Non abbiamo dovuto nasconderci per fare sesso.
La nostra fortuna ci ha permesso di provare una tristezza che i nostri genitori non hanno avuto il tempo di provare, e una felicità che non ho mai visto in loro.

Non sapevamo come erano nate le storie nella nostra testa, ma a volte smettono di ronzare e riesco a vedere gli occhi di Anna nel 2003. Le sue orecchie. I suoi piedi.

Questo è quando dice " Ti amo" nel 2003.
Questo è quando piange. Quando mi dice che c'è sempre una nuova stanza vuota che l'aspetta.
Questo la faceva sentire libera.
Ora la fa sentire il contrario di libera."

- - -

" Quando fai quella telefonata, hai meno di un'ora prima che arrivino due uomini e mettano il corpo in una busta. Si fanno pagare millequattrocentottantacinque dollari per la cremazione e ti consegnano le ceneri in un piccolo contenitore di metallo grande come un barattolo di burro di arachidi.
Ti servirà il certificato di morte.
Dovrai fare delle fotocopie e spedirle per disdire le carte di credito, il contratto telefonico, le utenze, l'iscrizione in palestra, tutte le polizze assicurative, il mutuo. 
Per pagare le tasse.
Farai recapitare tutta la sua posta al tuo indirizzo.
Scriverai un necrologio. Lo farai pubblicare sul giornale con una foto per due dollari a parola.
Ti chiederai se va bene.
Butterai via un sacco di roba.
Ti porterai un sacco di roba su, a casa.

Questa è la foto che mia madre teneva in camera da letto.
Quando ero piccolo pensavo che fosse il mio braccio che le dava le margherite.
Ora faccio un nuovo errore: penso che sia il braccio di mia madre a darmi le margherite. 
E dice : " Tieni. Qui tutto è semplice e felice. E' quello che volevo darti."

- - -

Ultimo film dell'anno, per me.
Ultimo incontro con la poesia.
Una frase che vorrei sentire più volte nell'arco dell'anno:

" Sii felice per me"


Un grande abbraccio a tutti.

;-)

Sandra percepisce il tempo,impara e trasmette quanto ha appreso

Che bello saperla finalmente LIBERA!

Immagine catturata da IlFattoQuotidiano web

Ci sono voluti 29 anni di prigionia, povera Sandra!
Sarebbe bastato passare anche solo cinque minuti con qualsiasi animale domestico e fare i dovuti confronti per capire in tempo.
Cinque minuti passati, ad esempio,  con un cane insegnano facilmente, anche ai giudici più increduli, che l'animale in questione prova affetto (soffre la lontananza dal suo "amico umano", ha simpatia per i suoi simili, socializza facilmente, ha un codice comportamentale definito, ha bisogni che vanno ben oltre la semplice sussistenza...), impara facilmente un linguaggio che non gli è proprio o pertinente, trasmette ai suoi simili questa conoscenza, questo codice appreso.

Meglio tardi che mai!
E complimenti vivissimi a coloro che hanno creduto nel diritto di libertà di Sandra: sono uomini e donne sui quali punterei facilmente la mia più completa fiducia. Bravi!

Le cinque persone che incontri in cielo


La fine

Questa è la storia di un uomo chiamato Eddie e comincia dalla fine, con Eddie che muore sotto il sole. Potrebbe sembrare strano iniziare una storia dal finale, ma ogni fine è anche un principio. Solo che, quando sopraggiunge, lo si ignora.

Eddie trascorse la sua ultima ora di vita, come gran parte delle altre, al Ruby Pier, un parco divertimenti prospiciente un vasto oceano grigio. Il parco aveva le solite attrazioni, un lungomare di legno consunto dalle intemperie, una ruota panoramica, le montagne russe, l'autoscontro, una bancarella di dolciumi e un locale con le macchinette automatiche, in cui si poteva sparare un getto d'acqua nella bocca di un clown. Di recente aveva acquistato una nuova grande attrazione, la Freddy's Free Fall, ed Eddie sarebbe morto proprio lì, in un incidente destinato a occupare le prime pagine dei giornali dell'intero Stato.

Incipit tratto da
Le cinque persone che incontri in cielo
di
Mitch Albom







L'amico ritrovato

Welsh Hills, di Fred Uhlman

Entrò nella mia vita nel febbraio del 1932 per non uscirne più. Da allora è passato più di un quarto di secolo, più di novemila giorni tediosi e senza scopo, che l'assenza della speranza ha reso tutti ugualmente vuoti - giorni e anni, molti dei quali morti come le foglie secche su un albero inaridito.
Ricordo il giorno e l'ora in cui il mio sguardo si posò per la prima volta sul ragazzo che doveva diventare la fonte della mia più grande felicità e della mia più totale disperazione. Fu due giorni dopo il mio compleanno, alle tre di uno di quei pomeriggi grigi e bui, caratteristici dell'inverno tedesco. Ero al Karl Alexander Gymnasium di Stoccarda, il liceo più famoso del Württemberg, fondato nel 1521, l'anno in cui Lutero comparve davanti a Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Spagna.

incipit tratto da
L'amico ritrovato
di
Fred Uhlman

La luna e i falò

C'è una ragione perché sono tornato in questo paese, qui e non invece a Canelli, a Barbaresco o in Alba. Qui non ci sono nato, è quasi certo; dove son nato non lo so; non c'è da queste parti una casa né un pezzo di terra né delle ossa ch'io possa dire "Ecco cos'ero prima di nascere".
Non so se vengo dalla collina o dalla valle, dai boschi o da una casa di balconi. La ragazza che mi ha lasciato sugli scalini del duomo di Alba, magari non veniva neanche dalla campagna, magari era la figlia dei padroni di un palazzo, oppure mi ci hanno portato in un cavagno da vendemmia due povere donne da  Monticello, da Neive o perché no da Cravanzana. Chi può dire di che carne son fatto? Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese, perché la sua carne valga e duri qualcosa di più che un comune giro di stagione.

Cesare Pavese

Il conformismo

Adeguarsi va bene. Ma a volte si eccede.
Quando nel continuo processo di adeguamento finiamo col non soffrire più la perdita del nostro Io libero, quello - chiamiamolo col nome giusto - si chiama conformarsi!

;-)


L'affare de la razza

Ci avevo un gatto e lo chiamavo Ajò
ma dato ch'era un nome un po' giudìo
agnedi da un prefetto amico mio
pè domannaje se potevo o no:
volevo stà tranquillo tanto più
ch'ero disposto de chiamallo Ajù.
Bisognerà studià - disse er prefetto -
la vera provenienza della madre.
Dico, la madre è un'angora, ma er padre 
era siamese e bazzicava er Ghetto:
er gatto mio però sarebbe nato
tre mesi doppo a casa der curato.
Se veramente ciai 'ste prove in mano
- me rispose l'amico - se fa presto.
La posizzione è chiara: e detto questo
firmò una carta e me lo fece ariano.
Però - mi disse - per tranquillità
è forse mejo che lo chiami Ajà.

Trilussa



- - -

Per gli amici di Ispido Café: manco ancora una volta ma conto di esserci presto.
Aspettatemi un attimo.

Un abbraccio

;-D

Carcinoma cervicale

Non ho molte parole, questa volta.
Tant'è che, nella mia confusa ricerca di parole, una lettera (anacronismo per mail)  tarda a partire: non ci sono parole che possano esprimere adeguatamente i miei sentimenti del momento.
Ogni tanto mi scopro così, vuoto di parole.
Una povertà che talvolta è imbarazzante.

Ho voluto su Ispido Café questo ottimo opuscolo (ringrazio naturalmente la Lega svizzera contro il cancro: QUI ) perché il maggior numero di donne possibile possa sentirsi sollecitata ad avvalersi, il prima possibile, degli strumenti di prevenzione e di indagine messi oggi a disposizione della scienza medica. A tutte le donne che stanno affrontando questo arduo cammino, il mio abbraccio, la mia vicinanza, la mia speranza tutta. A te, che certamente mi leggi, un abbraccio se si può più forte e la rassicurazione di riuscire a racimolare, magari anche domani stesso, le parole che servono per dirti quanto ogni timore, ogni ansia tua mi appartenga e senta mia.

un abbraccio

Una giusta causa (ovvero: Il ramarro fuori dal cappello)


Per quanto uno si arrabatti e s'ingegni - è un mio modestissimo parere, chiaro - se porta un ramarro nel cappello è facile che gli si veda la coda.
Talvolta son cose meno vistose di un ramarro. Potrebbero essere qualità o, più spesso, difetti connaturati, che si vedono - nel bene e nel male - alla stessa maniera del lacertide summenzionato, quando il cappello non basta a contenerlo per intero.
Le due cose - la qualità e il difetto - ci sono sempre, proprio come la luce e l'ombra, ma noi, per nostra compiacenza - e per un certo numero di complessi che non andrò ad elencare - amiamo mostrare le qualità - talvolta anche quando non siano proprio evidenti e chiare - e celare le nostre ammaccature, sconfortati da una sensazione di disequilibrio e dal conseguente caos intimo che in noi poi infuria e ci devasta.
La bestia furente - il ramarro interiore, chiamiamolo pure così - scuote la coda e rimesta in noi pensieri di perfezione che si conformano sul modello di quella inesauribile fucina di situazioni perfette che sono i media: tutti belli in una certa maniera, tutti intelligenti in un certo modo, tutti affermati e patinati come da copione, tutti bene in famiglia, riuniti - e sempre tutti sorridenti - intorno a un tavolo a sollazzarsi con i famigerati biscotti da primo mattino.

Basta.

Se il ramarro c'è che si veda pure!

La vita che non vivi

Immagine tratta dal Web
Nella morte non c'è niente di triste, non più di quanto ce ne sia nello sbocciare di un fiore.
La cosa terribile non è la morte, ma le vite che la gente non vive o non vive fino alla morte.
Non fanno onore alla propria vita... Muti idioti.
Troppo presi a scopare, film, soldi, famiglia, scopare.
Hanno la testa piena di ovatta.
Mandano giù Dio senza pensare, mandano giù patria senza pensare.
Dopo un po' dimenticano anche come si fa a pensare, lasciano che siano gli altri a pensare per loro.
Hanno il cervello imbottito di ovatta.
Sono brutti, parlano male, camminano male.
Gli suoni la grande musica dei secoli ma loro non la sentono.
Per molti la morte è una formalità.
C'è rimasto ben poco che possa morire.

- Charles Bukowsky -

Cara Sholeh dal cuore tenero

" Cara Sholeh,
oggi ho saputo che per me è arrivato il momento di affrontare la Qisas*. Mi ferisce che non mi abbia fatto sapere tu che ero arrivata all'ultima pagina del libro della mia vita. Non credi che avrei dovuto saperlo? Lo sai quanto mi vergogno della tua tristezza. Perché non mi hai dato la possibilità di baciare la tua mano e quella di papà?
Il mondo mi ha concesso di vivere 19 anni. Quella malaugurata notte avrei dovuto essere uccisa. Il mio corpo sarebbe stato gettato in qualche angolo della città e dopo qualche giorno la polizia ti avrebbe portato all'obitorio per identificare il mio corpo e là avresti saputo che ero stata anche stuprata. L'assassino non sarebbe mai stato trovato, dato che non siamo né ricchi né potenti come lui. Poi tu avresti continuato la tua vita con sofferenza e vergogna e qualche anno dopo saresti morta per questo dolore e sarebbe andata così.
Ma con quel maledetto colpo la storia è cambiata. Il mio corpo non è stato gettato da qualche parte, ma nella tomba della prigione di Evin e della sua sezione di isolamento. E ora nella prigione-tomba di Shahr-e-Ray. Ma arrenditi al destino e non lamentarti. Tu sai bene che la morte non è la fine della vita.

Vetrine

Sul consumismo e sulla commercializzazione dei beni di consumo non ritengo di avere un atteggiamento da bacchettone: so bene, e me ne capacito, che da quando l'uomo ha inventato la ruota si è anche venuto a instaurare un principio inamovibile secondo il quale ciò che rende comoda, piacevole, appagante la vita della gente debba necessariamente avere un prezzo.
Quello che offende la mia intelligenza è credere che per vivere un'esistenza piacevole e appagante occorra  perdere di vista quei beni intangibili che pure bisognerebbe desiderare di conseguire o di non perdere.
E poi, ancor più, è la rapacità insita nel moderno consumismo che mi rende antipatica l'etichetta di "consumatore", giacché viene a corrispondere troppe volte ad una fame insaziabile di cose e simboli per colmare la quale si è implicitamente disposti ad accondiscendere a troppe brutture ecologiche e umanitarie.
Ecco, che il prezzo da pagare sia solo quello monetario: questo è il detestabile inganno!

Ho letto, nell'ormai consueto dizionario delle felicità, il seguente bel pensiero di Maria Venturini e volevo, almeno in parte, proporlo alla vostra attenzione.
Più sotto, alcune citabilia che a me hanno detto molto e che spero sussurrino qualcosina anche a voi.

Felice giornata

;-)

Buongiorno in musica

La musica che ascolto più spesso è proprio questa.
Appena posso e con totale meraviglia: sembra che ogni nota o accordo possa corrispondere alla piega del mio sorriso, un po' al mio mondo interiore mai del tutto esplorato, a certe nevicate che sembrano fredde e struggenti come quelle vere e che sono invece contenute, trattenute in un mondo di favola, dentro belle bocce di cristallo.

Felice giornata

:-)



Colui che conosce il proprio obiettivo si sente forte
questa forza lo rende sereno
questa serenità assicura la pace interiore
Solo la pace interiore consente la riflessione profonda
La riflessione profonda è il punto di partenza per ogni successo

- Lao Tse -

Tardi


Ogni cosa si colloca nel tempo.
A volte è il tempo minimo delle cose che sono quotidiane, ordinarie: il tempo che dedichiamo a parlare a noi stessi, il tempo che passiamo con altri o che investiamo nelle cose che ci fanno bene, che ci fanno crescere; altre volte è il tempo severo e graffiante degli eventi, delle svolte epocali e dei grossi titoli sui giornali.
Che sia l'uno o l'altro, ogni cosa si colloca nel tempo, e da esso viene lambita, sfiorata dolcemente in un andirivieni ondoso che prima intride e poi inaridisce, prima elargisce e poi sottrae e deruba, raschiando, con quella speciale risacca, anche un po' di nostra vita.

Elling


Mi presento: io sono Elling
Il governo norvegese fornisce generosamente un posto per le persone che sono in una fase particolarmente confusa della loro vita. Ma io volevo semplicemente essere lasciato solo

Vi presento  Kjell Bjarne
Il mio compagno di stanza era un orangotango cui interessavano solo le femmine e il cibo

Elling e Johanne 
- Tu vorresti che ti dicessi veramente tutto sul conto di Kjell Bjarne, non è vero?
 - Perché?
 - Perché l'amicizia tra due uomini comporta una certa lealtà.
 - Io credo che lui sia un po' strano...
- Io preferisco usare l'espressione "raro"!
- Eh???
- E' unico! E' un tipo unico !
- Ooooh... bella definizione! Non lo so... il fatto è che lui non parla mai con me
- E' di natura riflessiva

Elling e Kjell Bjarne
Ecco, ci risiamo. Kjell Bjarne sembra portare sulle spalle tutte le persone che incontra.

La Buick Century di Alfons e la meraviglia di Kjell Bjarne 
(dei monelli la stanno distruggendo)
- Porca merda, ma è bestiale!
- MI sono slogato una caviglia per cercare di cacciarli via
- Una Buick Century del '59 non decapottabile!
- Del '58! L'abbiamo comprata nel '62
- E' sua?
- E' un sacco di tempo ormai che non la guido più. Quando la mia povera moglie è morta... Spero che non finiscano di rovinarmela.
- Vuole che gliela riporti in vita?
- Mia moglie?
- No, la Buick !

La macchia umana

" Fu nell'estate del 1998 che il mio vicino Coleman Silk - che prima di andare in pensione, due anni addietro, era stato per una ventina d'anni professore di lettere classiche al vicino Athena College, dove per altri sedici anni aveva fatto il preside di facoltà - mi confidò che all'età di settantun anni aveva una relazione con una donna delle pulizie trentaquattrenne che lavorava al college. Due volte la settimana questa donna puliva anche l'ufficio postale, una piccola baracca rivestita di scandole grigie che pareva aver protetto una famiglia di braccianti dai venti della Dust Bowl negli anni trenta e che, piantata solinga e derelitta a metà strada tra la pompa di benzina e l'emporio, fa sventolare la bandiera americana all'incrocio delle due strade che caratterizzano il centro commerciale di questa cittadina di montagna.
Coleman l'aveva vista per la prima volta mentre lei lavava il pavimento dell'ufficio postale nel tardo pomeriggio di un giorno in cui, qualche minuto prima della chiusura, era andato a ritirare la corrispondenza: una donna esile, alta e angolosa con i capelli tra il biondo e il grigio raccolti in una coda di cavallo e quei tratti del viso severamente scolpiti, associati di solito alle devote e laboriose massaie del New England che hanno dovuto sopportare gli stenti della vita coloniale, austere donne prigioniere della moralità dominante e di questa stessa moralità rispettose. Si chiamava Faunia Farley, e qualunque fosse la sua infelicità, la teneva nascosta dietro uno di quegli inespressivi volti ossuti che, senza nulla celare, tradiscono un'immensa solitudine."

Incipit tratto da La macchia umana, di Philip Roth

- - -


Psicopatologia della quotidianità

Alla fine, le persone possono anche deludere: bisogna accettarlo se vivi con i piedi in terra.
Tanto più che ben poche soluzioni possono essere adottate a difesa di quei strafalcioni disumani che sono i deludenti impenitenti: bisogna rassegnarsi a vederli degenerare lentamente, ad andare sempre più giù di livello, come cerini tenuti tra le dita. 
Capiranno solo quando la fiammella si sarà spenta. E sarà troppo tardi!

Tenera è la notte (per tutti quelli che NON lo leggeranno mai)

Sulla bella costa della riviera francese, a mezza strada tra Marsiglia e il confine italiano, sorge un albergo rosa, grande e orgoglioso. Palme deferenti ne rinfrescano la facciata rosata, e davanti a esso si stende una breve spiaggia abbagliante. Recentemente è diventato un ritrovo estivo di gente importante e alla moda; dieci anni fa, quando in aprile la clientela inglese andava verso il Nord era quasi deserto. Ora molte villette vi si raggruppano intorno; ma quando questa storia incomincia, soltanto i tetti di una dozzina di vecchie ville marcivano come ninfee in mezzo ai pini ammassati tra l'Hotel des Etrangers di Gausse e Cannes, cinque miglia più in là.
L'albergo e quel luminoso pezzetto di stuoia che era la spiaggia, erano una sola cosa. La mattina presto l'immagine lontana di Cannes, il rosa e crema delle vecchie fortificazioni, le Alpi purpuree che cingevano l'Italia, venivano gettate nell'acqua e giacevano tremolanti nei gorghi e negli anelli spinti alla superficie dalle piante marine attraverso la limpida acqua bassa. Prima delle otto un uomo scendeva sulla spiaggia in un accappatoio azzurro, e dopo molte applicazioni preliminari di acqua fredda sul corpo, e molti brontolii e molti sospiri, si agitava un minuto in mare. Quando se ne era andato, spiaggia e baia restavano in pace per un'ora. Qualche mercantile arrancava verso occidente sull'orizzonte; i fattorini dell'autobus gridavano nel cortile dell'albergo; la rugiada asciugava sui pini.


Incipit tratto da Tenera è la notte, di Francis Scott Fitzgerald

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Society



Society...

A cantarla è Eddie Vedder.

Il film è Into the Wild

A noi il compito di fare il resto

;-D

buona strada

Il grande Gatsby


Negli anni più vulnerabili della giovinezza, mio padre mi diede un consiglio che non mi è mai più uscito di mente.
"Quando ti vien voglia di criticare qualcuno" mi disse "ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i vantaggi che hai avuto tu."
Non disse altro, ma eravamo sempre stati insolitamente comunicativi nonostante il nostro riserbo, e capii che voleva dire molto più di questo. Perciò ho la tendenza a evitare ogni giudizio, una abitudine che oltre a rivelarmi molti caratteri strani mi ha anche reso vittima di non pochi scocciatori inveterati. La mente anormale è pronta a scoprire questa particolarità e ad aggrapparvisi, quando si manifesti in una persona normale, e così accadde che all'università fui ingiustamente accusato di essere un politicante perché ero al corrente dei dolori segreti di strani uomini sconosciuti. La maggior parte delle confidenze non erano provocate: spesso ho finto di aver sonno, o di esser preoccupato, o sono giunto a ostentare un'indifferenza ostile, quando capivo che da qualche segno inconfondibile che si profilava all'orizzonte una rivelazione intima; perché le rivelazioni intime dei giovani, o almeno i termini nei quali questi le esprimono, di solito sono plagiarie e deformate da evidenti omissioni. L'evitare i giudizi è fonte di speranza infinita. Temo ancora adesso che perderei qualcosa se dimenticassi che, come mio padre mi ha snobisticamente insegnato e io snobisticamente ripeto, il senso della dignità fondamentale è distribuito con parzialità alla nascita.
Ma dopo essermi così vantato della mia tolleranza, voglio ammettere che essa ha i suoi limiti.


incipit tratto da "Il grande Gatsby" di Francis Scott Fitzgerald

- - -

Balla coi lupi

Dancing with wolves

Il tenente Dunbar non era stato realmente inghiottito. Ma quella fu la prima parola che gli si fissò nella mente. Quel vasto cielo azzurro senza una nube. Quell'oceano di erba che ondeggiava al vento. Null'altro, fino a dove riusciva a spingere lo sguardo. Non una pista, non una traccia di solchi lasciati da altre ruote che il carro potesse seguire. Solo lo spazio, assoluto e vuoto.
Si sentiva alla deriva. La sensazione gli faceva pulsare il cuore in un modo strano e profondo.
Seduto sul largo e piatto sedile, il tenente Dunbar lasciò che il suo corpo fluttuasse insieme con la prateria, i suoi pensieri concentrati sui battiti del suo cuore. Si sentiva eccitato. Eppure, il suo sangue non scorreva più veloce. Lo sentiva fluire normalmente per tutto il corpo e questa confusione faceva lavorare la sua mente in un modo piacevole. Le parole continuavano a volteggiare nella sua testa mentre cercava di trovare delle frasi o delle espressioni che potessero descrivere ciò che sentiva.
Era difficile definirlo con esattezza.
"Tutto ciò ha del religioso", erano state le prime parole che la voce della mente aveva formulato al terzo giorno della loro missione. E quella frase sembrava tuttora la più giusta. Ma il tenente Dunbar non era mai stato religioso, così, anche se quella frase gli sembrava appropriata, non sapeva che cosa dedurne.
Se non fosse stato così trasportato dalle emozioni, il tenente Dunbar sarebbe probabilmente arrivato alla spiegazione, ma nelle sue fantasticherie la saltò a piè pari.
Il tenente Dunbar era innamorato. Si era innamorato di questa terra splendida e selvaggia e di tutto ciò che vi era in lei. Era il genere d'amore che si sogna di provare con le altre persone: privo di ogni egoismo e di ogni dubbio, reverente e duraturo. Il suo spirito era stato gratificato e il suo cuore gli balzava in petto. Forse era per questo che l'attraente tenente di cavalleria aveva pensato alla religione.
Di sottecchi intravide Timmons chinare la testa di lato e sputare per la millesima volta nell'erba folta e alta fino alla cintola. Come spesso accadeva, lo sputo gli uscì dalla bocca in un fiotto irregolare che lo costrinse a ripulirsi con il dorso della mano.
Dunbar non disse nulla, ma dentro di sé gli incessanti sputi di Timmons gli provocarono un senso di ripugnanza.

incipit tratto da " Balla coi lupi" di Michael Black

- - -

Nebraska

01/05/2014

Viaggio attraverso la sconsolante provincia americana.
Bianco e nero che satura e incide ogni sfumatura emotiva.
Facce, quella di Woody e di suo figlio, per le quali non si sarebbe potuto scrivere una storia più credibile.
A me è piaciuta molto.

Woody e David Grant (Bruce Dern - Will Forte)

Il pensiero di Woody

La birra non è alcol!


Vecchia ruggine

Lì c'è la mamma di Woody, Sara.
Mi odiava a morte. Voleva che sposasse una che mungesse le vacche.
Le dissi "Io non traffico con le tette delle vacche. Sono una di città!"


La malattia di Woody

- Ha l'Alzheimer?
- Crede a quello che le persone gli dicono...

Macondo

19/04/2014


- - -
Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe
ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio.
Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di
un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi
come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per
citarle bisognava indicarle col dito. Tutti gli anni, verso il mese di marzo, una famiglia di zingari
cenciosi piantava la tenda vicino al villaggio, e con grande frastuono di zufoli e tamburi faceva
conoscere le nuove invenzioni. Prima portarono la calamita. Uno zingaro corpulento, con barba
arruffata e mani di passero, che si presentò col nome di Melquìades, diede una truculenta
manifestazione pubblica di quella che egli stesso chiamava l'ottava meraviglia dei savi alchimisti
della Macedonia. Andò di casa in casa trascinando due lingotti metallici, e tutti sbigottirono
vedendo che i paioli, le padelle, le molle del focolare e i treppiedi cadevano dal loro posto, e i
legni scricchiolavano per la disperazione dei chiodi e delle viti che cercavano di schiavarsi, e
perfino gli oggetti perduti da molto tempo ricomparivano dove pur erano stati lungamente
cercati, e si trascinavano in turbolenta sbrancata dietro ai ferri magici di Melquìades. "Le cose
hanno vita propria," proclamava lo zingaro con aspro accento, "si tratta soltanto di risvegliargli
l'anima."

Incipit da "Cent'anni di solitudine"
- Gabriel Garcìa Màrquez -





Il postino di Neruda


" Nel giugno 1969 due motivi, tanto fortunati quanto banali, indussero Mario Jiménez a cambiare mestiere. Primo, la sua disaffezione per le fatiche della pesca, che lo buttavano giù dal letto prima dell'alba, quasi sempre mentre sognava di audaci amori impersonati da eroine ardenti simili a quelle che vedeva sullo schermo del cinematografo di San Antonio. Questo talento, unito alla conseguente simpatia per i raffreddori, reali o finti, mediante i quali si sottraeva un giorno sì e uno no alla preparazione dell'attrezzatura della barca di suo padre, gli permetteva di crogiolarsi sotto le nutrite coltri cilene, perfezionando i suoi idilli onirici, finché il pescatore José Jiménez tornava dall'alto mare inzuppato e affamato, ed egli mitigava il suo complesso di colpa imbandendo una colazione di pane croccante, chiassose insalate di pomodoro con cipolla, più prezzemolo e coriandolo, e una drammatica aspirina che inghiottiva quando il sarcasmo del genitore gli penetrava fino alle ossa. "

Il postino di Neruda
(Antonio Skàrmeta)

- - -


Il poco che ho da segnalarvi lo aggiungo di seguito.
Le consuete citabila

;-)