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ShotoNijukun:precetto I

空手道は礼に始まり礼に終る事を忘るな
Karate-do wa rei ni hajimari, rei ni owaru koto wo wasuruna

1
 
Non dimenticare che
il karate-do comincia
e finisce con il saluto (rei)
 
 
Insieme al judo e al kendo, il karate-do è considerato una delle arti marziali giapponesi tradizionali. E come tutte le arti marziali deve iniziare e finire con il saluto (rei). Rei è spesso inteso come "rispetto", ma, in effetti, significa molto di più. Rei racchiude in sé sia l'attitudine di rispetto verso gli altri, sia un senso di rispetto verso se stessi. Quando si è in grado di rispettare se stessi e si trasferisce questo sentimento di stima, cioé di rispetto, verso gli altri, questa azione non è altro che espressione di rei.
Si usa dire "senza rei c'è disordine" e anche che " la differenza tra gli uomini e gli animali è nel rei". I metodi di combattimento dove non c'è il rei non sono arti marziali ma soltanto disdicevole violenza. La potenza fisica senza rei non è altro che forza bruta, e per gli esseri umani non ha alcun valore.
Si deve inoltre sottolineare che, anche comportandosi correttamente, se una persona non ha uno spirito sincero e rispettoso non possiede vero rei . Il vero rei è l'espressione esterna di uno spirito rispettoso.
Tutte le arti marziali cominciano con il rei . Se non vengono praticate con un senso di rispetto e di riverenza, esse si riducono a mere forme di violenza. Per questo motivo, nella pratica delle arti marziali si deve mantenere l'atteggiamento di rei dall'inizio alla fine.
 
tratto da
"I venti principi del Karate"
di Gichin Funakoshi
 
* Il commento al principio I è del M° Genwa Nakasone. Il Maestro Funakoshi ebbe modo di leggere e approvare i suoi commenti, raccolti nel testo citato in questo post edito da Edizioni Mediterranee.
* Post sullo stesso argomento : 1

Aggiornamenti e approfondimenti Taigo Sensei

Per ulteriori considerazioni sul primo precetto, vi rimando alla bella e ampia riflessione di Sensei  Paolo Taigo Spongia: qui

Il ritratto di Dorian Gray

CAPITOLO I


Lo studio era impregnato dell'intenso odore delle rose, e quando la leggera brezza estiva frusciava tra gli alberi del giardino, fluiva dal vano dell'entrata il greve odore di lillà o il più delicato profumo dell'eglantina.
Dal divano coperto di gualdrappe persiane su cui era sdraiato fumando, al suo solito, sigarette senza numero, Lord Enrico Wotton poteva cogliere lo splendore dei fiori dell'avorno, del color del miele, e come il miele dolci, i cui tremuli rami parevano sopportare appena il peso di una così fiammeggiante bellezza. A tratti l'ombra fantastica di un uccello in volo aliava lungo le pigre tende di seta tese davanti alla finestra immensa con un fuggitivo effetto giapponese, ricordandogli quei pittori di Tokio, dal viso di pallida giada, che pur valendosi di un'arte necessariamente statica cercano di dare il rapido effetto del mivimento. Il cupo ronzio delle api, che conducevano la loro via tra le lunghe erbe non falciate o giravano con monotona inesistenza attorno agli stami impolverati d'oro degli sparsi caprifogli, sembrava render più opprimente l'immobilità dell'ora. Il profondo ansito di Londra mugghiava come le note basse di un organo lontano.
In mezzo alla stanza, alto su un cavalletto, stava il ritratto a intera figura di un giovane di singolare bellezza, e di fronte ad esso, poco lontano, sedeva il pittore, Basilio Hallward, la cui improvvisa scomparsa alcuni anni fa suscitò tanto interesse nel pubblico e fece sorgere tante congetture.
Mentre il pittore contemplava la bella, preziosa forma ritratta dalla sua arte, un sorriso di compiacimento sfiorò il suo volto e parve indugiarvisi. Ma d'un tratto egli si alzò e, chiudendo gli occhi, si pose le dita sulle palpebre come per tenere in sé prigioniero qualche bizzarro sogno da cui temeva destarsi.
- E' la tua opera migliore, Basilio, la più bella cosa che tu abbia mai fatto, - disse Lord Enrico languidamente. - Devi assolutamente mandarla al Grosvenor l'anno prossimo. L'Accademia è troppo grande e troppo volgare: ogni volta che vi sono stato v'era tanta gente che non ho potuto vedere i quadri, il che è insopportabile, o tanti quadri che non ho potuto vedere la gente, e questo è anche peggio. In verità non vi è che il Grosvenor.
- Penso che non lo manderò in nessun luogo, - rispose l'altro gettando indietro la testa in quel bizzarro modo che lo faceva canzonare dai suoi compagni di Oxford. - No, non lo esporrò affatto.


tratto da
"Il ritratto di Dorian Gray"
di Oscar Wilde

L'esilio

Una tradizione ebraica racconta di alcuni giovani che chiedono a un anziano rabbino quando sia cominciato l'esilio di Israele. " L'esilio di Israele" risponde il rabbino" cominciò il giorno in cui Israele non ha più sofferto del fatto di essere in esilio". Il vero esilio non comincia quando si lascia la patria, ma quando non c'è più nel cuore la struggente nostalgia della patria.
APOLOGO EBRAICO



(...). L'uomo di oggi ha perso il gusto delle grandi attese, degli interrogativi radicali, degli ampi orizzonti. La perdita di questa nostalgia dell'infinito da cui proviene e a cui è destinato lo rende meschino, curvo sulle piccole cose (...). Aveva ragione lo scrittore moralista francese secentesco La Rochefoucauld quando dichiarava : "Chi si dedica troppo alle piccole cose diventa incapace delle grandi". In molti c'è ormai l'abitudine all'esilio, stanno bene nella banalità di un'esistenza priva di fremiti e di tensione, non attendono più un "oltre", cioé una meta più alta, una destinazione che non sia solo una qualsiasi stazione di passaggio. (...). Nel suo Discorso sulle scienze e sulle arti il famoso filosofo francese Jean-Jacques Rousseau osservava : "L'anima si proporziona insensibilmente agli oggetti che la occupano e quindi sono i grandi orizzonti quelli che fanno i grandi uomini".

tratto da
"Le parole e i giorni"
di Gianfranco Ravasi

Amore (Leo Buscaglia)

Leo Buscaglia è stato un autore che ho amato quasi passionalmente nella mia prima gioventù (attualmente non ricordo a quale stadio di "gioventù" io stia partecipando, ma la prima...è quella che si ricorda, no? Le successive si annotano soltanto.): parlava e scriveva come se intuisse le mie speranze, la mia ansia di bene per il mondo intero.
Ho smesso di leggerlo quando ho intuito che  la vita è ben altro peso e ben altra fatica che giurare amore eterno al puro sentimento. Tuttavia non mi pronuncio definitivamente sulla questione: devo riprendere in mano qualcuno dei bei libri che Leo Buscaglia ha scritto per poter chiudere la faccenda.

Verso l'amore

"Se il nostro proposito è quello di imparare ad "amarci", è importante che sappiate chi sono e a cosa miro. Il mio nome è   B-U-S-C-A-G-L-I-A, e lo si pronuncia come volete voi. Esordisco sempre raccontando questo piccolo episodio perchè lo trovo veramente delizioso. Tempo fa mi è capitato di fare una telefonata interurbana. La linea era sovraccarica e la centralinista ha detto che mi avrebbe richiamato. Le ho dato il mio nome, ho atteso un poco, dopo di che il telefono ha squillato. Quando ho sollevato il ricevitore ho udito la sua voce che diceva: "Per favore, potrebbe dire al dottor Boxcar che per il momento la sua linea è interrotta?". "Non sarà Buscaglia, invece?" ho detto io. E lei, con un risolino:"Be', signore, può essere più o meno tutto!".
Il mio nome mi diverte molto, perchè non è solamente Buscaglia. Se lo considerate per esteso, scoprite che è anche Leo F.
Ovverossia, per esteso, leonardo, mentre l'iniziale intermedia F. corrisponde in realtà al primo nome: Felice.
Non è fantastico? Felice Leonardo Buscaglia! Di recente, intendevo recarmi in visita nei paesi del blocco comunista e avevo bisogno di un visto. Ero a Los Angeles in un grande ufficio, impegnato a compilare un formulario estremamente circostanziato e ufficiale, che dovevo presentare a un funzionario; dopo di che sono stato invitato a sedere, in attesa di essere chiamato. Venuto il momento, ho visto il poveraccio alzarsi e scrutare il formulario;poi con una specie di reazione ritardata ha emesso un profondo sospiro, ha sollevato lo sguardo e ha detto:"Phyllis?". Giuro che risponderò a qualunque nome, tranne Phyllis. (1) "

(1) Pronunciato all'inglese "Felice" può suonare in effetti come "Phyllis", che è un nome femminile, così come "Buscaglia" può essere comicamente storpiato in "Boxear" (in inglese, "rimorchio" o "vagone-merci")

tratto da
"Amore"
di Leo Buscaglia