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Il tempo che vorrei

" Sono figlio di un padre mai nato. L'ho capito osservando la sua vita. Da che ho memoria non ricordo di aver mai visto il piacere nei suoi occhi: poche soddisfazioni, forse nessuna gioia.
Questo mi ha sempre impedito di godere pienamente della mia, di vita. Come può infatti un figlio vivere la propria se il padre non ha vissuto la sua? Qualcuno ci riesce, ma è comunque faticoso. E' un'officina di sensi di colpa che lavora a pieno ritmo.
Mio padre ha sessantasette anni, è magro e ha i capelli grigi. E' sempre stato un uomo pieno di forza, un lavoratore. Ora però è affaticato, stanco, invecchiato. E' stato deluso dalla vita. Così deluso che quando ne parla spesso si ripete. Vederlo in questa condizione scatena in me un forte senso di protezione. Mi intenerisce, mi dispiace, vorrei fare qualcosa per lui, vorrei aiutarlo in qualche modo. E mi sento male perché mi sembra di non fare mai abbastanza, di non essere mai abbastanza.
Spesso, soprattutto negli ultimi anni, lo osservo di nascosto. Lo guardo con attenzione e solitamente finisce che mi commuovo senza ragione valida, se non per quel groviglio interiore che provo da sempre e che mi tiene legato a lui.
Abbiamo avuto una relazione difficile e il nostro è quel tipo di amore che solamente chi ha avuto il coraggio di odiarsi può conoscere. Quell'amore vero, guadagnato, sudato, cercato, lottato.
Per imparare ad amarlo ho dovuto fare il giro del mondo. E più mi allontanavo da lui, più in realtà mi stavo avvicinando. Il mondo è tondo. "

Il tempo che vorrei
di
Fabio Volo

- - - - -
E' troppo presto per esprimere impressioni e pareri su questo libro ... direi che prima è meglio leggerlo per intero. Tuttavia, mi fido molto delle prime impressioni in fatto di libri e questo "incipit" , con l'intero suo seguito, mi è piaciuto: è snello, veloce e a tratti sorprendente.
Persino veritiero.

- buona serata -
:-)

Il cacciatore di aquiloni

Uno

Dicembre 2011

Sono diventato la persona che sono oggi all'età di dodici anni, in una gelida giornata invernale del 1975. Ricordo il momento preciso: ero accovacciato dietro un muro di argilla mezzo diroccato e sbirciavo di nascosto nel vicolo lungo il torrente ghiacciato. E' stato tanto tempo fa. Ma non è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente. Sono ventisei anni che sbircio di nascosto in quel vicolo deserto. Oggi me ne rendo conto.
Nell'estate del 2011 mi telefonò dal Pakistan il mio amico Rahim Khan. Mi chiese di andarlo a trovare. In piedi in cucina, il ricevirore incollato all'orecchio, sapevo che in linea non c'era solo Rahim Khan. C'era anche il mio passato di peccati non espiati. Dopo la telefonata andai a fare una passeggiata intorno al lago Spreckels. Il sole scintillava sull'acqua dove dozzine di barche in miniatura navigavano sospinte da ua brezza frizzante. In cielo due aquiloni rossi con lunghe code azzurre volavano sopra i mulini a vento, fianco a fianco, come occhi che osservassero dall'alto San Francisco, la mia città d'adozione. Improvvisamente sentii la voce di Hassan che mi sussurrava : Per te qualsiasi cosa . Hassan, il cacciatore di aquiloni.
Seduto su una panchina all'ombra di un salice mi tornò in mente una frase che Rahim Khan aveva detto poco prima di riattaccare, quasi un ripensamento. Esiste un modo per tornare a essere buoni. Alzai gli occhi verso i due aquiloni. Pensai ad Hassan. A Baba e ad Ali. A Kabul. Pensai alla mia vita fino a quell'inverno del 1975. Quando tutto era cambiato. E io ero diventato la persona che sono oggi.

Due

Da bambino Hassan e io ci arrampicavamo su uno dei pioppi lungo il vialetto che portava a casa mia e da lassù infastidivamo i vicini riflettendo la luce del sole in un frammento di specchio. Ci sedevamo uno di fornte all'altro su un ramo, le gambe nude a pensoloni, e mangiavamo more di gelso e castagne di cui avevamo sempre le tasche piene. Usavamo il frammento di specchio a turno, ci tiravamo le more e ridevamo come matti. Vedo ancora i raggi di sole che filtravano attraverso il fogliame illuminando il viso di Hassan : perfettamente tondo, come quello di una bambola cinese di legno, con il naso largo e piatto, gli occhi a mandorla, stretti come una foglia di bambù, giallo oro, verdi o azzurri come zaffiri a seconda della luce. Ricordo le piccole orecchie dall'attaccatura bassa e il mento appuntito, che sembrava un'appendice carnosa, aggiunta al viso in un secondo momento. E quel labbro spezzato, un errore del fabbricante di bambole, cui forse era sfuggito lo scalpello, per stanchezza o disattenzione.
talvolta, mente ce ne stavamo nascosti sugli alberi, proponevo ad Hassan di estrarre la sua fionda e mitragliare di castagne il pastore tedesco del nostro vicino. Lui non voleva mai, ma se io glielo chiedevo, glielo chiedevo veramente , cedeva. Non mi avrebbe mai rifiutato nulla. E la sua fionda era infallibile.

Il cacciatore di aquiloni
di
Khaled Hosseini

- - -

Mi sono scelto sempre da me i libri da leggere.
Molti, l'ultimo ("difficile") pochi giorni fa, li ho ricevuti in regalo e li ho letti poi, appena possibile, avendo io, stranamente, sempre sottomano un libro da consultare, da finire, da iniziare o da riprendere perché, per qualche motivo, l'intesa inciampò un bel giorno in qualcosa e divenne incomprensione.

Insomma, la regola generale è quella: nei libri ci inciampo da me.
Li cerco, li sfoglio, li frequento un pò e per un pò ci ritroviamo in libreria: stesso scaffale, stessa ora, diverso stato d'animo.
Se nasce nel frattempo qualcosa tra noi, allora passo alla cassa.

Questa consuetudine, stranamente, assomiglia sempre più a quella regola sociale alla quale si sottoponevano i giovanotti che ambivano all'affetto esclusivo dell'amata, ai quali toccava in dote , sic et simpliciter, il dovere di passare a discutere con il padre della di lei o, peggio, con la di lei madre, delle questioni non tanto affettive ma pecuniarie e finanziarie.
Far di conto in amore è una cosa sempre istruttiva ... purché non risulti poi "distruttiva" e penalizzante!

Qualcosa del genere accade in libreria tra me e i libri.

E quando l'incontro non avviene in libreria... allora assomiglia a certi fidanzamenti "per interposta persona". Non sempre felici ma nemmeno necessariamente infelici.

Questo libro, in effetti, potrebbe definirsi come un innesco amoroso dovuto ad interposta persona.
E se la persona è Davide... si fa presto a rendersi disponibile per una veloce lettura di 390 pagine!

Il problema è che si è scelto un libricino....
E non è strano che il libro  non abbia da subito catturato il suo interesse.
E' pur sempre un "volumone" e lo stile narrativo non è proprio da "prime letture".
Per cui ... il libro lo leggerò io e a lui sottoporrò alcuni passaggi interessanti e di facile comprensione.

E' un pò quello che fanno certi animali che adesso non ricordo: elaborano il cibo per poi passarlo, secondariamente, alla prole.
Lo so, detta così la cosa risulta un tantino ripugnante!
Ma se ci pensiamo bene è di una bellezza assoluta, è quasi il massimo dell'abnegazione costringersi ad un lavoro i cui frutti non sono destinati a noi ma ad altri.
E' come dire " se vivi tu poco conta che io sopravviva".

Non volendo entrare in profonde analisi masticatorie, mi limito a dire che sono ben felice di dedicare parte dei miei prossimi quindici giorni alla lettura di questo bel libro. Per vari motivi.
Alcuni dei quali chi mi conosce un pò potrà sicuramente individuare, ma non meno perché un libro arricchisce tutti: io lo mastico per te, lo elaboro per te, lo assumo temporaneamente per te e poi lo passo a te.
Ma alla fine scopriremo che entrambi abbiamo imparato, entrambi siamo cresciuti e migliorati.
Chi per scelta, chi per "dovere", chi per piacere ... ma, in ogni caso, il libro è stata la strada che abbiamo percorso assieme, seppure per soli quindici giorni.
E fare la strada assieme è sempre un bel rimedio: avvicina e rende amici.
Lo consiglio a tutti i viandanti in ascolto!
:-)
- - - - -



Il tuo compleanno ...

 " Rae, cara! Grazie per avermi invitato per il tuo compleanno!
La tua casa è distante mille miglia dalla mia,
e io son uno che si mette in viaggio solo quando ne vale la pena. 
Ebbene, ne val proprio la pena, se si tratta di prender parte alla tua festa
Non vedo l'ora d'essere da te!

 Il mio viaggio è cominciato dentro il cuore di un piccolo uccello, un colibrì, che conoscemmo insieme, io e te, tanto tempo fa.
Lo trovai cordiale come sempre, anche stavolta.
E tuttavia - quando gli dissi che la piccola Rae stava crescendo e che io stavo andando alla festa per il suo compleanno con un regalo - lui rimase perplesso.
Per un pezzo badammo a volare in silenzio,
e alla fine lui mi disse:
"Ci capisco ben poco, in quel che dici, ma men che mai capisco come mai tu ci vada, a questa festa".

...

" Può forse una distanza materiale separarci davvero dagli amici?"
...
Lui pure (Gufo,ndr) restò zitto per un pezzo, seguitando a volare.
Ma quando mi ebbe condotto sano e salvo a casa dell'aquila, così mi parlò:
"Ci capisco ben poco in quel che dici, ma men che mai capisco perché la chiami piccola, la tua amica"

... 

Rae, questo é l'ultimo anniversario che festeggio con te in modo speciale.
...

Ho imparato che non posso venire da te, perché già ti sono accanto.
Tu non sei piccola, perché già sei cresciuta: sei grande e giochi con il tempo e la vita - come tutti facciamo - per il gusto di vivere.
...

Vola libera e felice, al di là dei compleanni, in un tempo senza fine, nel persempre.
Di tanto in tanto noi c'incontreremo - quando ci piacerà - 
nel bel mezzo dell'unica festa che non può mai finire. "

di Richard Bach
"Nessun luogo è lontano"

- - - - -

Ho cercato di adattare meglio che potevo questo piccolo e poetico viaggio intrapreso per il compleanno di Rae agli spazi e (e ai diritti!!!) detenuti  da questo modesto e ispido blog.
Il viaggio, che si compie nel cuore prima di un colibrì e poi, via via, in quello di Gufo, Aquila, Falco... e che porta infine alla casa di Rae insegna a noi tutti, viaggiatori in qualsiasi forma e maniera, che le mete importanti non hanno bisogno di troppe parole e che a chi vuoi bene veramente puoi regalare un anello invisibile che gli permetta di alzarsi in volo, lontano quanto vuole dalle brutture del mondo: dentro il cuore di un colibrì  ... perché, poi...

"Quando avrai voglia di tornar giù di nuovo,
vedrai, 
tutte le tue domande avranno risposta
e tutte le tue ansie
si saranno dileguate "

- - -

Alla Rae che è nel cuore di ciascuno di noi,
e per la quale riusciamo a intraprendere 
viaggi ostili e a superare maree avverse.

Narciso e Boccadoro ( Hermann Hesse)


" Davanti all'arco d'ingresso, retto da colonnette gemelle, del convento di Mariabronn, sul margine della strada c'era un castagno, un solitario figlio del Sud, che un pellegrino aveva riportato da Roma in tempi lontani, un nobile castagno dal tronco vigoroso; la cerchia de' suoi rami si chinava dolcemente sopra la strada, respirava libera ed ampia nel vento; in primavera, quando intorno tutto era già verde ed anche i noci del monastero mettevano già le loro foglioline rossicce, esso faceva attendere ancora a lungo le sue fronde, poi quando le notti eran più brevi, irradiava di tra il fogliame la sua fioritura esotica, d'un verde  bianchiccio e languido, dal profumo aspro e intenso, pieno di richiami, quasi opprimente; e in ottobre, quando l'altra frutta era già raccolta ed il vino nei tini, lasciava cadere al vento d'autunno i frutti spinosi dalla corona ingiallita: non tutti gli anni maturavano; per essi s'azzuffavano i ragazzi del convento, e io sottopriore Gregorio, oriundo del mezzodì, li arrostiva in camera sua sul fuoco del camino.
Esotico e delicato, il bell'albero faceva sormir la sua chioma sopra l'ingresso del convento, ospite sensibile e facilmente infreddolito, originario d'altra zona, misteriosamente imparentato con le agili colonnette gemelle del portale e con la decorazione in pietra degli archi delle finestre, dei cornicioni e dei pilastri, amato da chi aveva sangue latino nelle vene e guardato con curiosità, come uno straniero, dalla gente del luogo.
Sotto l'albero esotico eran già passate parecchie generazioni di scolari: le loro lavagnette sotto il braccio, chiacchierando, ridendo, giocando, litigando, scalzi o calzati secondo la stagione, un fiore in bocca, una noce fra i denti od una palla di neve in mano. Ne venivan sempre di nuovi: ogni paio d'anni erano altri visi;i più s'assomigliavano: biondi e ricciuti. Parecchi rimanevano, diventavano novizi, diventavano monaci, ricevevano la tonsura, portavano tonaca e cordone, leggevano libri, istruivano i ragazzi, invecchiavano, morivano.
Altri, terminati gli anni di scuola, venivano ricondotti a casa dai genitori: in castelli feudali, in dimore di commercianti e d'artigiani;correvano il mondo, dediti ai loro passatempi e alle loro professioni; ritornavano qualche volta in visita al convento, fatti uomini portavano i loro figlioletti come scolari ai Padri, sostavano un poco a guardar sorridenti e pensierosi il castagno, si perdevano di nuovo. "

Tratto da
"Narciso e Boccadoro"
di
Hermann Hesse

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Ad Hermann Hesse non sono mai mancate le "strocature" feroci dei critici.
Ma lui non era il tipo da soffrirci eccessivamente e soprassedeva pensando che la maggior parte dei critici agiva nei suoi confronti "con mezzi da quattro soldi".
Io, proponendovi questo particolare "incipit" convengo pienamente con quanto una ragazza scrisse di Hermann:
"In Hesse è tutto così ben fatto, che proprio lì nel momento in cui si vorrebbe prender fiato, giunge una virgola o un punto."

L'albero


Un immenso, stupendo albero, un maestoso Ficus,  è improvvisamente accolto nel cuore piccino di una bimba: lei ascolta il linguaggio del vento tra le sue foglie, sussurra parole, comprende cose che nessun altro sa sentire; si rifugia tra i suoi forti rami cercando un abbraccio equivalente, un calore paterno ormai impossibile da risentire.
E' una favola, questo film.
A tratti delicata, ma non sempre.
C'è poesia intrecciata a trame reali, compatibili con la vita che ben conosciamo.
Seppure la realtà venga avvertita sempre come inquinante, apportatrice di dolori, sobillatrice di dilemmi irrisolvibili... essa tuttavia ci mette dinnanzi ad una scelta, ci costringe a dire sì oppure no.
Ci constringe, in altri termini, a sopravvivere.

Si avverte in questo film la poesia del  "sentire bambino", quella forza non sempre spiegabile che ci spinge a scrutare il mondo dalla parte del cuore, ma anche la constatazione che bambini non lo saremo comunque a lungo e certamente non per sempre: conviene imparare nuovi sguardi prima di essere nuovamente travolti dalla tempesta.

Qualsiasi spirito alberghi in quel magnifico albero, dovremo comunque distaccarcene, dovremo cercare altrove una nuova strada, nuove risposte, nuove cure per i nostri cuori infranti.
E' un lutto che va elaborato lontano e a lungo.
Un vuoto che, dovremo accettarlo, nessuna meraviglia d'albero potrà mai colmare.
Potremo farlo solo crescendo e cambiando.
Diventano grandi.
Immensi.

In viaggio con Kapuscinski ( Andrea Semplici )

Ismaele non smetterà di navigare ...

Il primo gesto di ogni vero viaggio ha qualcosa di lento.
Non credete a chi si mostra deciso, privo di dubbi e incertezze.
Nasconde sensazioni incomprensibili e contraddittorie.
Lui stesso non vuole crederci: ha sognato e desiderato per mesi questo momento e ora come è possibile che non voglia più partire?
E' qualcosa di inspiegabile.
Nasconde, dietro il sorriso, una stanchezza improvvisa, un indefinibile senso di solitudine.
Nella sua testa stanno passando, come cavalli al galoppo, mille sagge ragioni che suggeriscono di non andare.

La partenza è un momento di fine e di inizio.
E' necessario, credetemi, trovare coraggio.
Occorre coraggio nel cancellare ogni dubbio e affrontare quel
 "momento di fare spazio al proprio sogno-bisogno".
E ne occorre tanto per sciogliere gli ormeggi e mollare la cima che tiene legati alla banchina.

" Fa' salpare il tuo sogno, ficcaci dentro la tua scarpa", dice il poeta romeno Paul Celan.

Non sempre è facile.
Non tutti ci riescono.
E io provo una malinconica comprensione
( ma al contempo briciole di invidia)
per chi non ce la fa.

(...)

Spesso, nella vita degli uomini, succede che il destino sia più veloce dei loro desideri e dei loro progetti.

- - - - -

tratto da
"In viaggio con Kapuscinski"
Dialogo sull'arte di partire
di Andrea Semplici

- - - - -

Ancora in giro per qualche altro giorno ma ormai prossimo al rientro...
Chissà, forse ci risentiamo presto. Ho visto cose...

Un abbraccio
:-)

Francesco d'Assisi (di Hermann Hesse)

Prologo

Sin dall'antichità sono comparsi ogni tanto sulla terra uomini grandi e magnifici, che non hanno tentato di conquistarsi la gloria con singole azioni entusiasmanti né con libri o opere poetiche. Eppure questi spiriti hanno esercitato un'influenza così forte su popolazioni ed epoche intere che tutti li conoscevano e ne parlavano con ardore, desiderando saperne di più: tanto che il loro nome e le notizie sulla loro essenza, passando di bocca in bocca, non sono mai andati perduti nei flutti mutevoli del tempo, neppure col passare dei secoli. Infatti queste persone hanno esercitato la loro influenza non con opere o discorsi o artifici sporadici, ma soprattutto perché tutta la loro vita pareva generata da un unico spirito, grande e unitario, ed era davanti agli occhi di tutti come un esempio luminoso, un'immagine di Dio.
Queste persone esemplari, però, pur non avendo portato a comp0imento nessuna grande opera esteriore, con la loro vita sono assurti, proprio in virtù del fatto0 che essa, come tutto il loro agire, poteva essere ricondotta a un unico spirito sublime, a maestri e soggiogatori di cuori, proprio come un capomastro o un artista non costruisce un duomo o un palazzo secondo l'arbitrio e l'umore del momento, ma fedele a un'idea, a un progetto chiaro e vitale. Erano tutti anime infocate e gagliarde, consumate da una violenta sete di infinito e di eternità, che non concedette loro né requie né pace finché non riuscirono a individuare, al di là delle usanze e dei modi dei loro giorni e dei loro contemporanei, una legge eterna, sulla quale da quel momento in poi fondarono ogni loro azione e speranza.

tratto da
" Francesco d'Assisi"
di Hermann Hesse

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La conoscenza dell'Uomo (Alfred Adler)

Alfred Adler (Vienna 1870-Aberdeen 1937) fu allievo di Sigmund Freud dal 1902 al 1911, anno in cui profondi dissensi teorici lo portarono a fondare la Società di Psicologia Individuale. In seguito fu consulente per l'istruzione presso il governo austriaco fino all'avvento del nazismo.


Il destino dell'uomo
è dato dal suo carattere
- Erodoto -



Parola di madre

Mia madre
di Alain Ayache
(Lettere alla mia bambina)


Quando ero molto piccolo, mia madre mi ripeteva spesso: "tu sarai il bastone della nostra vecchiaia, figlio mio!"
Che razza di compito mi aspettava! Eppure avrebbe sviluppato il mio senso di responsabilità.
Dopo il mio passaggio lampo alle medie, fui "congedato" per inattitudine agli studi (!). Immagina la vergogna!
Mia madre riuscì a convincermi che da quel "male" sarebbe nato un bene!
"Adesso", mi disse, "sarai tu stesso il tuo insegnante, ti sceglierai le letture, ti interesserai a ciò che ti appassiona e così poi ne saprai più di tutti gli altri ragazzi."
Mia madre era capace di mettermi le ali ai piedi.
(...)
Aveva il dono della persuasione. Quante volte mi ha ripetuto che avevo una grande forza di volontà ...
Be', quella forza l'ho conquistata grazie a lei!
(...)
Da mia madre, che come molte madri aveva sognato per me un grande avvenire, ho imparato la tenacia e la perseveranza ...
Sai come?
Semplicemente perché, dall'età in cui si comincia a bighellonare nelle strade, l'ho sentita così spesso ripetere a destra e a manca "Mio figlio ha volontà", che ho finito per crederle e dimostrarle che aveva ragione!
- - - - -

Buonanotte

:-)



Di che si occupa l'etica

" Esistono discipline che si studiano semplicemente per il desiderio di conoscere cose nuove; altre per apprendere a fare qualcosa o a utilizzare qualche strumento; e la maggior parte servono per trovare lavoro e guadagnarsi la vita. Ma di tutti questi studi si può tranquillamente fare a meno se uno non è portato per curiosità naturale o costretto da qualche necessità a dedicarcisi.

Le forme di conoscenza interessanti ma non indispensabili a vivere sono moltissime: personalmente, per esempio, mi dispiace non sapere un accidente di astrofisica e di ebanisteria, cose che ad altri daranno certamente molte soddisfazioni, ma questo non mi ha impedito di tirare avanti fino a oggi. E tu, se non sbaglio, te la cavi bene con le regole del calcio, ma non sei ferrato nel baseball. Non ha importanza: ti diverti quando ci sono i mondiali, te ne freghi della National League americana, e tutto va bene.
 Voglio dire che certe cose si possono imparare o no, come ti pare. Siccome nessuno è in grado di sapere tutto, non possiamo che accettare con umiltà il fatto che in tante cose siamo ignoranti. Si può vivere benissimo senza sapere niente di astrofisica, ebanisteria o di calcio, e perfino senza sapere né leggere né scrivere: si vive peggio, se vuoi, ma si vive.

Invece ci sono altre cose che bisogna sapere per forza, perchè ne va della nostra vita, come si dice.E' necessario sapere, per esempio, che buttarsi dal sesto piano non fa bene alla salute; oppure che una dieta a base di chiodi (...) non vi farà arrivare alla vecchiaia. Non è consigliabile ignorare che se uno ogni volta che incrocia il vicino di casa gli molla uno schiaffone, prima o poi andrà a finire male. Queste stupidaggini sono importanti. Si può vivere in molti modi, ma ci sono modi che non permettono di vivere.

Per farla breve, tra tutte le scienze ne esiste almeno una di cui non si può fare a meno: sapere che certe cose ci convengono e altre no. (...)
Certe cose ci risultano utili e le chiamiamo "buone" perchè ci fanno bene; altre invece ci fanno male e queste le chiamiamo "cattive". sapere che cosa ci è utile, ossia distinguere tra il bene e il male (sottolineatura mia) , è una conoscenza che tutti cerchiamo di acquisire (...) perchè vantaggiosa "

tratto da
" Etica per un figlio "
di Fernando Savater

Tripartiti !

" Aristotele (Eth.Nicom. I,8) ha suddiviso i beni della vita umana in tre classi : quelli esteriori, quelli dell'anima e quelli del corpo. Conservando di tutto ciò soltanto la tripartizione, io dico che ciò che costituisce la differenza della sorte dei mortali, si può far risalire a tre determinazioni fondamentali. Esse sono:
1) ciò che si è : dunque, la personalità nel suo significato più largo. Vi sono comprese quindi la salute, la forza, la bellezza, il temperamento, il carattere morale, l'intelligenza e l'educazionde di essa;
2) ciò che si ha : dunque, la proprietà e il possesso in qualsiasi senso;
3) ciò che si rappresenta : com'è noto, con questa espressione si intende ciò che uno è nella rappresentazione degli altri, dunque il modo in cui è da loro rappresentato. Consiste quindi nell'opinione che hanno di lui, e si suddivide in onore, grado sociale e gloria. "

tratto da
" Aforismi sulla saggezza del vivere"
di Arthur Schopenhauer

Lo Stormo Buonappetito

I gabbiani dovrebbero stare sempre al mare, fare da scia puntiforme a qualche peschereccio lontano,colmo di pesca, e tentare l'arrembaggio, quando un'onesto tuffo in acqua  non sia proprio possibile.
Invece ... Li vedi fare da spazzini sulle ormai tante discariche, addensarsi su collinette dall'aspetto sospetto quando non proprio inquietante, svolazzare di cumulo in cumulo, dimentichi del richiamo del mare, dello schianto delle onde sugli scogli, del fruscìo del vento tagliato dal rostro, dalle ali che si arruffano planando.
Mi auguro di vedere sempre più gabbiani al mare e sempre meno spazzini volanti a ramazzare rifiuti.


- GROVIGLIO SUL MOLO -

- GABBIANO CURIOSO -

- LO STORMO -

- ESTRANEITA' -

" Ah, non c'è via di scampo. Niente da fare, sei un gabbiano. la natura ti impone certi limiti. Se tu fossi destinato a imparare tante cose sul volo, avresti un portolano nel cervello. Carte nautiche avresti, per meningi. E se tu fossi fatto per volare come il vento, avresti l'ala corta del falcone, e mangeresti topi anziché pesci. Sì sì, aveva ragione tuo padre. Lascia perdere queste stupidaggini. Torna a casa, torna presso il tuo Stormo, e accontentati di quello che sei, un povero gabbiano limitato."


"Al vero Gabbiano Jonathan che vive nel profondo di noi tutti"

Richard Bach
Il gabbiano Jonathan Livingston

Abelardo ed Eloisa

Pietro Abelardo fu filosofo e teologo.

Il mio incontro con Abelardo risale a molti anni fa: conobbi la sua "Storia ..."  leggendo alcune lettere: quelle di Abelardo ad Eloisa, infarcite di dotti concetti e cristiana rassegnazione; quelle di Eloisa ad Abelardo, meno dotte ma tanto più appassionate ed umane. In queste lettere "il cuore di Eloisa, lanciato verso Abelardo in una disperata ricerca di corrispondenza e di amore, viene da lui rilanciato verso il Cielo" (1)
Il loro fu uno sfortunatissimo amore, sbocciato a Parigi, sui libri, e culminato in un matrimonio segreto e un figlio amatissimo, Astrolabio.
L'intreccio degli eventi ebbe però un esito drammatico e portò all'evirazione di Abelardo da parte di alcuni uomini assoldati dal canonico zio di Eloisa. Ai sicari non andò molto meglio: furono raggiunti e a due di essi furono cavati gli occhi; al servo traditore, ritenuto da Abelardo il più fedele, che aveva permesso il loro ingresso in casa, fu riservata la stessa pena che i sicari avevano inflitto ad Abelardo.

Da una lettera di Eloisa ad Abelardo:

"Al suo signore o piuttosto padre, al suo sposo o meglio fratello, la sua serva o piuttosto figlia, la sua sposa o meglio sorella: ad Abelardo, Eloisa. 
(...) Ma se ti perdo, che mi resta a sperare? Quale motivo avrei di seguitare questa peregrinazione che è la vita, dove non ho altro conforto che te, in te, nient'altro che il fatto che sei vivo, perché tutti gli altri piaceri che potevano venirmi da te sono finiti, e non mi è concesso neppure di godere della tua presenza e d'essere perciò resa, almeno una volta tanto, a me stessa? "

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(1) Gabriella D'Anna, introducendo "Storia delle mie disgrazie"

Insegnamenti al figlio (di Pietro Abelardo)

 "Astrolabio, figlio mio, dolcezza della mia esistenza, ti lascio questo piccolo testamento spirituale, come insegnamento

DELL'APPRENDERE E DELL'INSEGNARE (1)

Sii teso ad apprendere più che a insegnare, poiché insegnando sei utile agli altri, ma solo imparando farai il tuo bene; e non abbandonare lo studio fino a quando non avrai la certezza di non aver più nulla da apprendere.
Subisci il fascino di ciò che è detto e non di chi lo dice, evitando in tal modo l'accettazione passiva del sapere, e preoccupati che il tuo docente non ti impedisca di progredire per tuo conto, tenendoti legato a sé per amore.
Come è vero che ci si nutre del frutto e non delle foglie del melo, così anteponi sempre il significato al significante e ricorda: la persuasione ha bisogno di catturare gli animi con discorsi ornati, ma all'insegnamento si addice la chiarezza. Là dove manchi la ricchezza dei contenuti abbondano le parole; è infatti costume di chi non ha progetto moltiplicare le strade o sfinirsi in tentativi.
Che certezza potrà mai trasmetterti chi dubita di sé?
Solo chi ha una logica di azione resta se stesso, fermo come il Sole, mentre lo stolto è instabile come l'erratica Luna;poiché chi ha una mente provvida incede con passo sicuro:prima medita a lungo e poi parla correttamente, per non doversi giudicare con vergogna.
Il desiderio di comprendere ciò che dicono i dotti e ciò che fanno i buoni arda sempre nel tuo cuore.
Impara a lungo, Astrolabio e insegna solo quando sarai certo;insegna tardi e non precipitarti subito a scrivere:non voglio che il tuo insegnamento sia quello di un maestro impulsivo, costretto a improvvisare e a plasmare il sapere che deve trasmettere. "

Insegnamenti al figlio
di Pietro Abelardo

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(1)Abelardo, secondo Folco di Deuil, priore e amico di Abelardo,  è un "cavaliere della dialettica" ed era l'idolo degli studenti:  la sua reputazione attirava a Parigi "un concorso universale di studenti" che per assistere alle sue lezioni "valicavano le Alpi e facevano a gara per ascoltarlo". E, e caduto in disgrazia, colpito e perseguitato, gli studenti continueranno a rincorrerlo e a ricercarlo, preferendo vivere in solitudine e in povertà con lui.

Italiana, AA.VV.

" Era l'anno in cui l'uomo sbarcò sulla Luna per la prima volta, ma l'estate passò egualmente veloce, malgrado quella notte tutte le figure in televisione saltellassero sulla crosta lunare al rallentatore. Le lancette degli orologi rimasero incerte per un istante, esitarono, vibrarono nere sul quadrante bianco, l'avvenimento sembrava averle inchiodate, poi ricominciarono a correre come al solito. Secondi, minuti, ore, giorni, settimane. L'estate sparì chissà dove lasciando negli occhi la scia di quei lenti e sfocati rimbalzi. Venne la scuola,anzi tornò col suo carico di libri e di grembiuli ogni anno più pesanti e ogni anno più ruvidi, e poi subito a ruota venne il Natale. Natale! Che periodo bastardo! Era come se il riscaldamento delle case aumentasse all'improvviso, fino al soffocamento. La scuola chiudeva, la piscina chiudeva, i parenti impazzivano per preparare un pasto che sarebbe risultato interminabile e disgustoso, tutto funghetti e creme amare, pappette e strani pesci viscidi (...)  "

Il bambino scettico
di
Edoardo Albinati
in
Italiana
Antologia dei nuovi narratori

Fiesta, Ernest Hemingway

"Robert Cohn era stato un tempo campione di pugilato di Princeton, categoria pesi medi. Non crediate che questo, come titolo pugilistico, a me faccia una grande impressione, ma per Cohn significava molto. Non gli importava niente della boxe, anzi la detestava, ma l'aveva imparata, con fatica e sino in fondo, per reagire a quel senso di inferiorità e di insicurezza che gli derivava a Princeton dall'essere trattato come un ebreo. Traeva insomma una certa gioia intima dalla consapevolezza di poter mettere fuori combattimento chiunque avesse fatto lo spocchioso con lui, ma, essendo un ragazzo molto timido e assolutamente perbene, non si batté mai se non in palestra. Era il miglior allievo di Spider Kelly.
Spider Kelly insegnava a tutti i giovani signori affidati alle sue cure a boxare come pesi piuma, sia che pesassero cinquanta chili, sia che ne pesassero cento. Ma con Robert Cohn il suo metodo non funzionò. Era davvero molto veloce. Era talmente bravo che Spider s'affrettò a combinargli un incontro con un avversario più forte che gli schiacciò definitivamente il naso. Ciò aumento la ripugnanza di Cohn per il pugilato, ma gli diede anche una strana soddisfazione, e comunque per il suo naso fu un miglioramento. Nell'ultimo anno che trascorse a Princeton leggeva troppo, e cominciò a portare gli occhiali. Non ho mai conosciuto nessuno del suo corso che si ricordasse di lui. "

tratto da
" Fiesta "
di Ernest Hemingway