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La luna e i falò

C'è una ragione perché sono tornato in questo paese, qui e non invece a Canelli, a Barbaresco o in Alba. Qui non ci sono nato, è quasi certo; dove son nato non lo so; non c'è da queste parti una casa né un pezzo di terra né delle ossa ch'io possa dire "Ecco cos'ero prima di nascere".
Non so se vengo dalla collina o dalla valle, dai boschi o da una casa di balconi. La ragazza che mi ha lasciato sugli scalini del duomo di Alba, magari non veniva neanche dalla campagna, magari era la figlia dei padroni di un palazzo, oppure mi ci hanno portato in un cavagno da vendemmia due povere donne da  Monticello, da Neive o perché no da Cravanzana. Chi può dire di che carne son fatto? Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese, perché la sua carne valga e duri qualcosa di più che un comune giro di stagione.

Cesare Pavese

Il conformismo

Adeguarsi va bene. Ma a volte si eccede.
Quando nel continuo processo di adeguamento finiamo col non soffrire più la perdita del nostro Io libero, quello - chiamiamolo col nome giusto - si chiama conformarsi!

;-)


L'affare de la razza

Ci avevo un gatto e lo chiamavo Ajò
ma dato ch'era un nome un po' giudìo
agnedi da un prefetto amico mio
pè domannaje se potevo o no:
volevo stà tranquillo tanto più
ch'ero disposto de chiamallo Ajù.
Bisognerà studià - disse er prefetto -
la vera provenienza della madre.
Dico, la madre è un'angora, ma er padre 
era siamese e bazzicava er Ghetto:
er gatto mio però sarebbe nato
tre mesi doppo a casa der curato.
Se veramente ciai 'ste prove in mano
- me rispose l'amico - se fa presto.
La posizzione è chiara: e detto questo
firmò una carta e me lo fece ariano.
Però - mi disse - per tranquillità
è forse mejo che lo chiami Ajà.

Trilussa



- - -

Per gli amici di Ispido Café: manco ancora una volta ma conto di esserci presto.
Aspettatemi un attimo.

Un abbraccio

;-D

Carcinoma cervicale

Non ho molte parole, questa volta.
Tant'è che, nella mia confusa ricerca di parole, una lettera (anacronismo per mail)  tarda a partire: non ci sono parole che possano esprimere adeguatamente i miei sentimenti del momento.
Ogni tanto mi scopro così, vuoto di parole.
Una povertà che talvolta è imbarazzante.

Ho voluto su Ispido Café questo ottimo opuscolo (ringrazio naturalmente la Lega svizzera contro il cancro: QUI ) perché il maggior numero di donne possibile possa sentirsi sollecitata ad avvalersi, il prima possibile, degli strumenti di prevenzione e di indagine messi oggi a disposizione della scienza medica. A tutte le donne che stanno affrontando questo arduo cammino, il mio abbraccio, la mia vicinanza, la mia speranza tutta. A te, che certamente mi leggi, un abbraccio se si può più forte e la rassicurazione di riuscire a racimolare, magari anche domani stesso, le parole che servono per dirti quanto ogni timore, ogni ansia tua mi appartenga e senta mia.

un abbraccio

Una giusta causa (ovvero: Il ramarro fuori dal cappello)


Per quanto uno si arrabatti e s'ingegni - è un mio modestissimo parere, chiaro - se porta un ramarro nel cappello è facile che gli si veda la coda.
Talvolta son cose meno vistose di un ramarro. Potrebbero essere qualità o, più spesso, difetti connaturati, che si vedono - nel bene e nel male - alla stessa maniera del lacertide summenzionato, quando il cappello non basta a contenerlo per intero.
Le due cose - la qualità e il difetto - ci sono sempre, proprio come la luce e l'ombra, ma noi, per nostra compiacenza - e per un certo numero di complessi che non andrò ad elencare - amiamo mostrare le qualità - talvolta anche quando non siano proprio evidenti e chiare - e celare le nostre ammaccature, sconfortati da una sensazione di disequilibrio e dal conseguente caos intimo che in noi poi infuria e ci devasta.
La bestia furente - il ramarro interiore, chiamiamolo pure così - scuote la coda e rimesta in noi pensieri di perfezione che si conformano sul modello di quella inesauribile fucina di situazioni perfette che sono i media: tutti belli in una certa maniera, tutti intelligenti in un certo modo, tutti affermati e patinati come da copione, tutti bene in famiglia, riuniti - e sempre tutti sorridenti - intorno a un tavolo a sollazzarsi con i famigerati biscotti da primo mattino.

Basta.

Se il ramarro c'è che si veda pure!

La vita che non vivi

Immagine tratta dal Web
Nella morte non c'è niente di triste, non più di quanto ce ne sia nello sbocciare di un fiore.
La cosa terribile non è la morte, ma le vite che la gente non vive o non vive fino alla morte.
Non fanno onore alla propria vita... Muti idioti.
Troppo presi a scopare, film, soldi, famiglia, scopare.
Hanno la testa piena di ovatta.
Mandano giù Dio senza pensare, mandano giù patria senza pensare.
Dopo un po' dimenticano anche come si fa a pensare, lasciano che siano gli altri a pensare per loro.
Hanno il cervello imbottito di ovatta.
Sono brutti, parlano male, camminano male.
Gli suoni la grande musica dei secoli ma loro non la sentono.
Per molti la morte è una formalità.
C'è rimasto ben poco che possa morire.

- Charles Bukowsky -