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La conoscenza dell'Uomo (Alfred Adler)

Alfred Adler (Vienna 1870-Aberdeen 1937) fu allievo di Sigmund Freud dal 1902 al 1911, anno in cui profondi dissensi teorici lo portarono a fondare la Società di Psicologia Individuale. In seguito fu consulente per l'istruzione presso il governo austriaco fino all'avvento del nazismo.


Il destino dell'uomo
è dato dal suo carattere
- Erodoto -



" Non possiamo certo vantarci della nostra conoscenza dell'uomo.
Al contrario, essa non può che incrementare la nostra modestia, dal momento che si rivela un'impresa assai ardua e impegnativa, alla quale l'umanità si è dedicata sin dai primordi, senza tuttavia affrontarla mai in maniera sistematica e con la chiara consapevolezza del suo vero scopo. E' evidente che queste critiche non si riferiscono ai grandi pensatori, i quali, per la loro maggiore conoscenza rispetto alla media degli uomini, si presentano come una ovvia eccezione.

Se infatti chiedessimo a bruciapelo a un individuo quanto conosce dell'uomo, ci accorgeremmo che egli non è in grado di rispondere: del resto anche noi non ne sappiamo molto. Ciò è dovuto al fatto che ogni persona vive isolatamente, senza preoccuparsi degli altri e ai nostri giorni questo fenomeno è ancora più accentuato. La famiglia contribuisce a tale isolamento e si può dire che, dalla fanciullezza in poi, noi stabiliamo pochissimi rapporti con gli altri. Tutto il nostro schema di vita, del resto, non favorisce certo contatti profondi con i nostri simili, contatti che, per contro, sono la base indispensabile per la conoscenza dell'uomo. Questi due fattori sono interdipendenti: infatti non ci è consentito di stabilire un dialogo con i nostri simili poiché essi, per carenza di comprensione, ci danno l'impressione di esserci estranei.

Da ciò derivano il fallimento del nostro tentativo di instaurare rapporti con gli uomini e la grande difficoltà di una vita comunitaria. E' stato spesso osservato e constatato che gli uomini, pur convivevdo e comunicando fra loro, si sentono in realtà gli uni di fronte agli altri come degli estranei. Questo si verifica non solo nell'ampio contesto della società, ma anche nella più ristretta cerchia della famiglia. Così il problema dell'incomprensione fra genitori e figli è tanto comune da essere divenuto un tema corrente di discussione. Eppure alla base della vita comunitaria si trova proprio un sensibile impulso alla comprensione reciproca, poiché da quest'ultima dipende la nostra disposizione verso il prossimo. Se la conoscenza dell'uomo fosse più profonda, ne deriverebbe certo un miglioramento della convivenza fra gruppi di individui. Soltanto in questo modo, infatti, verrebbero meno certe reazioni che turbano la vita comunitaria e nascono dal fatto che, non conoscendoci, restiamo facilmente vittime delle apparenze e ci lasciamo ingannare dagli artifizi e dalle finzioni altrui. "

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tratto da
LA CONOSCENZA DELL'UOMO
NELLA PSICOLOGIA INDIVIDUALE
di Alfred Adler
 

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