Ogni cosa si colloca nel tempo.
A volte è il tempo minimo delle cose che sono quotidiane, ordinarie: il tempo che dedichiamo a parlare a noi stessi, il tempo che passiamo con altri o che investiamo nelle cose che ci fanno bene, che ci fanno crescere; altre volte è il tempo severo e graffiante degli eventi, delle svolte epocali e dei grossi titoli sui giornali.
Che sia l'uno o l'altro, ogni cosa si colloca nel tempo, e da esso viene lambita, sfiorata dolcemente in un andirivieni ondoso che prima intride e poi inaridisce, prima elargisce e poi sottrae e deruba, raschiando, con quella speciale risacca, anche un po' di nostra vita.
Il tempo dà, il tempo toglie!
E non è sempre lo stesso tempo, lo percepite?
C'è quel tempo, il tempo delle cose andate, che ci sorprende a ricordare: vi volgiamo la mente spesso con particolare affetto, altre volte con sollievo e, poi, chissà quante altre volte, con rimpianto e amarezza...
Io, poi, fui sempre educato ad un tempo diverso: il tempo che non va mai perduto.
"Chi ha tempo non aspetti tempo" - dicevano almeno una volta al dì.
E mi sono formato così, credendo che non vi sia tempo peggiore di quello, del tempo perduto in cose vane, nel non far nulla di buono per se stessi o per gli altri.
In realtà, l'ho scoperto poi, esiste un tempo che è veramente il peggiore di tutti i tempi coniugabili.
La feccia dei tempi è quell'altro, il tempo finito: quel tempo in cui l'ultimo granello di sabbia nella tua clessidra fa un salto leggero - un oplà - e il sipario è bello e chiuso.
Allora sì, allora è proprio tardi per tutto.
;-)
Questa mia premessa, in realtà, voleva consegnare alla vostra considerazione una bella riflessione di Maria Venturini (Dizionario delle felicità).
Ve la trascrivo meglio che posso.
'notte
Ispido
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Tardi
Non è parola indispensabile nel dizionario delle felicità e va usata con parsimonia. Salvo i casi più disgraziati - è tardi per Violetta Valery morente ricevere la lettera di Giorgio Germont che scioglie gli equivoci della sua love story - non è mai troppo tardi per cambiare qualcosa della propria vita, anche le cose più difficili: recuperare i brandelli di un amore che si era affievolito nella routine, iniziarne uno nuovo, dire no a cattiverie e prepotenze che ci hanno avvelenato l'esistenza, rappacificarsi, se opportuno, con un nemico, iniziare lo studio delle lingue urofinniche, leggere libri trascurati nei primi settant'anni di vita.
. . .
"Tardi" prima che una parola è uno stato d'animo; per questo è bene diffidare, e ogni qualvolta siamo tentati di usarla domandiamoci se non stiamo facendo qualcosa contro di noi. Non sappiamo quanta vita ancora ci aspetta: se è poca non avremo il tempo di rimproverarci un eccesso di ottimismo che ci ha spinto a qualche nuova impresa ai tempi supplementari. Ma immaginate quanto sia seccante aver rinunciato, a causa di quello stupido avverbio, a tante cose che ci potevano piacere e per le quali la sorte ci riservava ancora tante e tante ore di felice godimento.
- Maria Venturini -
Ah ecco, hai rimesso una foto... così sta meglio il blog... very British.
RispondiEliminaComunque, per stare al post: nel tempo presente c'è posto per tutto... e se ci diciamo che è troppo tardi, è perché in fondo in fondo non ci teniamo molto a quella cosa/persona/...
Bentornata, capitano
RispondiEliminaHai colto nel segno a mio avviso. Io però sperimento non so quante volte ormai che è tardi quando le cose sono talmente logore che non hanno più sembianza di sé, non ci dicono più nulla e paiono svuotate di ogni umano significato. Tardi, perché non si può, è quando vuoi riportare alla vita quando si destina, con inesorabile stupidità, alla devastazione e alla morte. I putrescenti del post precedente, se ricordi! Quando è tardi così è meglio affrettarsi verso quel sole che tu conosci meglio di me.
;-)
abbraccio
errata corrige
Eliminaquando si destina => quanto si destina