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Che sbaglio essere unilaterali


Che ansia, questa scuola!
E quanti alterchi, quante contestazioni inutili e di parte. Quante generalizzazioni!
Non conosco la professoressa che ha scritto la lettera e dunque non posso pronunciarmi su quanto sia "severa" e in quale maniera lo sia. La "severità" non è un concetto assoluto e può far combriccola tanto con serietà che con intransigenza e autoritarismo. Per cui, dire "sono severa" poco o tanto dice qualcosina ma non dice tutto. Sarebbe interessante invece sapere come venga esercitata questa severità e se si renda necessaria in quale grado, in quali contesti, in quali forme.



Conosco una professoressa molto di polso, una veramente tutta d'un pezzo, di una severità indiscutibile e temibile. Rigida come una scopa! Ha insegnato latino a spron battuto (scordandosi, ahimé, di insegnare- contestualmente - grammatica), talmente tanto a spron battuto e in volata che ha perso pezzi per strada senza nemmeno accorgersene.
Qualche genitore ha dovuto dirglielo: quei pezzi persi per strada erano pezzi dei loro cuori!

La professoressa, che oltre che "severa" è anche dotata di orgoglio spropositato e di notevoli capacità autocelebrative, non ha fatto una piega ed è andata dritta per la sua strada, passando su quelle vite come se non avesse per loro rispetto e considerazione: a tutti quei ragazzi la sfrenata corsa aveva semplicemente tolto il fiato e, ad un certo punto, s'erano smarriti negli inestricabili meandri del latino senza ottenere dalla preposta docente alcuna informazione utile, alcun consiglio.
Nessunissimo incoraggiamento.
Lei doveva correre come una cavalla impazzita incontro al vento latino delle coniugazioni affrettate e a chi le chiedesse come mai ... lei rispondeva candidamente " ci sono eccellenze che mi spingono a farlo".

Le eccellenze in questione erano tre o quattro ragazzi che con il latino avevano una certa dimestichezza, anche per via di situazioni famigliari che li agevolavano in questo. Tutti gli altri - e parlo di altri ventiquattro ragazzi - non essendo "eccellenze" dovevano soffrire e restare ai margini degli interessi di questa signora. E tra questi, ve ne furono alcuni, una buona metà, che restarono talmente ai margini che la professoressa si dimenticò di considerarli e di considerare i loro faticosissimi progressi.

Parlando con il dirigente scolastico, ricordammo che, prima delle tante inutili riforme scolastiche, v'era un trimestre di propedeutica al latino: si andava lenti e si mettevano le basi, proprio perché l'affascinante lingua latina ha bisogno di maturare e va coltivata. Io per confronto, ricordai cosa erano stati i primi tre mesi di latino con la prof.ssa M.C. ... Un vero e proprio inferno!
Nemmeno io avrei potuto amare il latino insegnato in quella maniera, con quel livore, quella cattiveria gratuita e quella prepotenza. Erano stati tre mesi infernali perché ogni sforzo risultava vano e nulla sembrava placare la livida insegnante: restava acerba e amara come un'oliva rancida, inappagata e burbera. Sterile come tutte le persone che sono troppo piene di sé per poter accogliere richiami diversi da quelli emanati dal proprio egoismo.

L'insegnamento del latino venne revocato alla professoressa M.C. e le fu permesso di continuare a insegnare italiano.
Inutile dirvi cosa è diventato quest'anno l'italiano!
Un nuovo strumento di tortura che, posto nelle mani di M.C., diventa un'efficace macina stritolante.
Cuori che vanno in frantumi. Capacità perdute per sempre. Intelligenze offese e offuscate dall'insania di una persona che si crede solo "severa" quando invece è incapace, gretta e sadica.
Non sa stare ai tempi. Non sa stare accanto ai ragazzi. Non li educa: li terrorizza. Non insegna loro nulla di buono, solo fantasie universitarie che, non incontrando menti adatte, cozzano violentemente senza che se ne ricavi una crescita armonica, un valido apprendimento.

Una così bisogna solo sopportarla e, tollerandone i danni provocati, sperare che non porti a morte intelligenze che sono belle, vive, differenti tra loro, preziose tutte.

Ab uno disce omnis
( da uno impara a giudicare tutti gli altri )

Sono le amare parole pronunciate da Enea quando, rievocando il triste destino di Troia, ricorda come il greco Sinone, fingendosi perseguitato dai propri compagni, incoraggiasse astutamente i troiani ad accogliere nelle loro mura il gigantesco cavallo di legno entro il quale si celavano Ulisse e altri greci.

Il latino ha questa magia, questo incanto: conferisce grandezza ai pensieri, li rende plausibili rivestendoli di autorità. Tuttavia, proprio perché lo si ama, il latino, è bene che tanto chi lo insegna quanto chi lo impara sappiano resistere al facile incanto: Enea ha ragione circa Sinone, ha torto circa tutti gli altri greci.

Poiché esiste una professoressa M.C. molto incattivita, non è detto che tutti i professori lo siano alla stessa sua maniera.

Mi piacerebbe che lo stesso criterio venisse applicato ai genitori: non tutti sperano in promozioni facili. Ve ne sono tanti che amano con sincera dedizione i propri figli. Conoscono di loro tutto, limiti e pregi. Sperano per loro che siano sereni. Che affrontino la vita con entusiasmo e senza lasciarsi turbare troppo da quegli incidenti di percorso che sono i professori severamente astiosi.

La professoressa autrice della lettera dovrebbe interrogarsi parecchio.
Chiedersi, per esempio, se il proprio metodo di insegnamento sia idoneo: se è necessario essere così tanto severi, potrebbe darsi il caso che non lo sia.

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Altro sulla triste scuola : QUI

2 commenti:

  1. Acutissimo as usual.....la mente deve sempre accompagnarsi al cuore

    RispondiElimina
  2. Grazie :-)
    sono convinto anch'io che occorra una sapienza più profonda senza la quale non si insegna e tanto meno si educa. Al limite, si informa.
    Circa il mio acume ... vi saranno giorni migliori.
    ;-)

    RispondiElimina