Ricordo però molto bene quel brutto periodo durante il quale i telegiornali riportavano la minaccia talebana (poi concretizzata purtroppo) di distruggere il complesso millenario dei Buddha di Damiyan.
Pensai "non è possibile che accada!"
Invece accadde e, contrariamente a quanto pensavo, il mondo parve risollevarsi fin troppo presto dal dolore e dallo stupore.
La bellezza non appartiene ad una sola religione, non ha età e non subisce l'incanto di questa o di quella nazionalità.
Se viene offesa, deturpata o rifiutata ... è offesa, deturpata e rifiutata ogni altra bellezza, anche quella che è custodita dentro ciascuno di noi.
Per me è questo che significa "patrimonio dell'Umanità".
Per me è questo che significa "patrimonio dell'Umanità".
Ritenevo allora che i talebani, quegli inquietanti studenti barbuti, con un sol gesto si appropriassero un pò di una bellezza che era parte di noi tutti e che non era assoggettata ad alcuna shari'a, come invece loro affermavano.
Quando poi si ebbe notizia delle continue lapidazioni di donne, della strage degli hazara ... mi ritrovai a pensare, come era accaduto altre volte, a quanto possa essere madre fin troppo ferace, la religione, nel disseminare di fanatismo la mente umana.
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Alla fine il libro l'ho letto. Prima di quanto sperassi. E, soprattutto, prima di affidarne la lettura a Davide: è stato un bene che io abbia letto il libro assieme a lui. I nostri figli vivono un mondo facilitato e sono ben distanti dalle brutture alle quali la guerra purtroppo costringe i bambini di altre parti del mondo.
Mi sono dunque dovuto improvvisare, in un paio di circostanze, "lieve censore".
In questo mio ruolo forzato ho però fatto di tutto per preservare il senso della storia d'amicizia che lega Amir ed Hassan, "i sultani di Kabul", anche perché altrimenti non si sarebbe potuto cogliere quel dolore, universale, che segna indelebilmente gli amici quando, troppo pavidi per fronteggiare assieme la vita e le sue minacce, scelgono la via facile del tradimento.
I personaggi di questo libro ( Hassan, Amir, Rahim Khan ... Baba ... ) restano impressi nella memoria come il volo degli aquiloni a Kabul, con i loro fili smerigliati e le loro code azzurre. Ed è facile ricordarsi per sempre degli occhi del piccolo Hassan, l''hazara, il "nasopiatto", che scrutano il cielo e sanno, come nessun altro, dove vanno a finire gli aquiloni quando smettono di volare.
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Alla fine il libro l'ho letto. Prima di quanto sperassi. E, soprattutto, prima di affidarne la lettura a Davide: è stato un bene che io abbia letto il libro assieme a lui. I nostri figli vivono un mondo facilitato e sono ben distanti dalle brutture alle quali la guerra purtroppo costringe i bambini di altre parti del mondo.
Mi sono dunque dovuto improvvisare, in un paio di circostanze, "lieve censore".
In questo mio ruolo forzato ho però fatto di tutto per preservare il senso della storia d'amicizia che lega Amir ed Hassan, "i sultani di Kabul", anche perché altrimenti non si sarebbe potuto cogliere quel dolore, universale, che segna indelebilmente gli amici quando, troppo pavidi per fronteggiare assieme la vita e le sue minacce, scelgono la via facile del tradimento.
I personaggi di questo libro ( Hassan, Amir, Rahim Khan ... Baba ... ) restano impressi nella memoria come il volo degli aquiloni a Kabul, con i loro fili smerigliati e le loro code azzurre. Ed è facile ricordarsi per sempre degli occhi del piccolo Hassan, l''hazara, il "nasopiatto", che scrutano il cielo e sanno, come nessun altro, dove vanno a finire gli aquiloni quando smettono di volare.
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