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Lessico famigliare

Nella mia casa paterna, quand'ero ragazzina, a tavola, se io o i miei fratelli rovesciavamo il bicchiere sulla tovaglia, o lasciavamo cadere un coltello, la voce di mio padre tuonava: - Non fare malagrazie!
Se inzuppavamo il pane nella salsa, gridava : - Non leccate i piatti! Non fate sbrodeghezzi! Non fate potacci!
Sbrodeghezzi e potacci erano, per mio padre, anche i quadri moderni, che non poteva soffrire.
Diceva : - Voialtri non sapete stare a tavola! Non siete gente da portare nei loghi!
E diceva : - Voialtri che fate tanti sbrodeghezzi, se foste a una table d'hote in Inghilterra, vi manderebbero subito via.
Aveva , dell'Inghilterra, la più alta stima. trovava che era, nel mondo, il più grande esempio di civiltà.
Soleva commentare, a pranzo, le persone che aveva visto nella giornata. Era molto severo nei suoi giudizi, e dava dello stupido a tutti. Uno stupido era, per lui, ''un sempio''. - M'è sembrato un bel sempio, - diceva, commentando qualche sua nuova conoscenza. Oltre ai ''sempi'' c'erano i ''negri''.
"Un negro" era, per mio padre, chi aveva modi goffi, impacciati e timidi, chi si vestiva in modo inappropriato, chi non sapeva andare in montagna, chi non sapeva le lingue straniere.
Ogni atto o gesto nostro che stimava inappropriato, veniva definito da lui "una negrigura". - Non siate dei negri! Non fate delle negrigure! - ci gridava continuamente.

Tratto da "Lessico famigliare", di Natalie Ginzburg

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