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L'arte di vincere

Non so se esista un'arte così, se la insegnino o, come certi altri talenti , "ci si nasce " e basta; e, se l'apprendi, anche bene, resta comunque una seconda pelle per nulla simile a quella che dovrebbe essere se tu ci fossi nato dentro. O, non cambia poi molto, se lei ti avesse preso e insaccato da fuori, avvolgendoti, segnandoti e definendoti a dovere.

L'arte di vincere è l'arte opposta a quella di perdere.
L'una vorremmo impararla, apprenderla.
L'altra sarebbe comodo poterla disimparare, poterne pur fare a meno.

La prima costa fatica.
La seconda porta dolore.
Se vinci esulti. Se perdi ti siedi a ripensarti.

L'arte di vincere deve essere coltivata giorno per giorno non meno di quell'altra, quell'altra arte che mette tristezza e che, giorno per giorno, bisogna disimparare.

Ma ... cosa vinciamo, cosa perdiamo?
In ballo cosa c'é? 

Una partita ?
Un bene, dei soldi, ricchezze?
Noi stessi?

Mi sembra di capire che l'arte di vincere si coltivi allenandosi nell'arte di rimettersi sempre in piedi e... ricominciare con grinta maggiore, con un sapere accresciuto, con una maturata consapevolezza di sé e del mondo.

Non credo che esista una differenza sostanziale tra una palla da baseball e ... il resto.


Arriva un momento in cui ci dicono che non possiamo più fare i giochi da bambini.
Nessuno sa quando ce lo diranno.
Ad alcuni lo dicono a diciotto anni, ad altri a quaranta...
Ma... lo dicono a tutti!




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Voglio che valga qualcosa!

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So che sta prendendo bastonate da tutti, ma il primo che attraversa il muro è sempre insanguinato. sempre!

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Si sentono minacciati.
Non è solo un modo di fare affari ...
Il realtà è una minaccia per la loro sussistenza, il loro lavoro.
Una minaccia per il modo in cui fanno le cose.
E ogni volta che questo succede, sia un governo, siano affari o qualsiasi altra cosa, le persone che tengono le redini, che hanno la mano sul cambio, vanno fuori di testa.
Sono dei dinosauri...

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Volevo tanto vincere QUI...
Lo volevo tanto.

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Ha battuto un fuori campo e non se n'è nemmeno accorto!

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Cavolo!
Come si fa a non essere romantici col baseball!

127 ore


"Stavo pensando che adesso, adesso tutto è chiaro.
Sono io... ho scelto io... è stata la mia scelta.
Questa roccia, questa roccia è stata qui ad aspettarmi per tutta la vita.
In tutta la sua esistenza, fin da quando era uno sputo di meteorite, un milione, un miliardo di anni fa, lassù, nello spazio, ha aspettato di venire qui, proprio, proprio qui.
Per tutta la vita sono andato verso di lei.
Da quando sono nato, ogni mio respiro, ogni mia azione mi ha guidato fin dentro questa crepa sulla superficie della Terra."

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"Ho quindici minuti di sole.
E' così piacevole..."

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"Ricorda: mai comprare coltellini da quattro soldi !"


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Aron Ralston
Aron Ralston nell'aprile del 2003 si trovava in escursione nel Blue John Canyon, nello Utah.
Benché preparato e ben attrezzato, l'escursione ebbe un ben triste epilogo: un masso, "sputo" di una qualche primordiale meteorite, finì con il bloccare  Aron Ralston alle parete del canyon per circa cinque giorni: 127 ore, nella contabilità precisa di chi vede, attimo dopo attimo, compromessa ogni speranza di sopravvivenza.
La situazione disperata costrinse Aron Ralston a considerare, e mettere in atto, scelte estreme, nel tentativo di salvarsi la vita. 



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